Breve antologia critica

Iler Melioli nasce a Reggio Emilia nel 1949. Il suo linguaggio visivo fa parte di uno dei “ritorni” alla materia e alla castità delle forme, chiamato, nel 1991, New Geo (neo-geometric conceptualism). In quello stesso periodo Renato Barilli storicizza la ricerca di Melioli nel quadro del neo-minimalismo. Nel corso dell’ultimo decennio l’artista emiliano ha sviluppato un sistema linguistico-espressivo che delinea un rapporto di stretta coappartenenza tra pittura e scultura. In modo evidente gli elementi lineari in acciaio policromo dei suoi assemblati descrivono percorsi strutturali intorno o dentro la superficie omologhi alle simbiosi programmate delle sue alberazioni realizzate su resina in terza dimensione. La memoria del giardino diventa in tal modo un luogo fisico e mentale in cui l’artista modula il segno plastico, le campiture del colore, e la funzione costruttiva di una geometria le cui relazioni interne sembrano moltiplicarsi in un numero senza fine di variazioni. Hanging garden, Technospring e Fitogenesi, ordinati su quadrsinottici e scansioni, alludono a probabili simbiosi di infinite mutazioni del mondo vegetale, a paesaggi astratti, planimetrie mentali e sequenze di universi variabili dove convergono molteplici identità del visibile, che Melioli sa metabolizzare attraverso la totalità cromo-plastica del suo inconfondibile stile.


Il linguaggio dell’opera

Il suo linguaggio attinge risorse dal calcolo numerico, dal mondo delle scienze fisiche e matematiche, evidenziando le correlazioni possibili tra sistemi concettuali e fenomeni naturali. Le sue opere, composte da meccanismi sobri, essenziali, danno origine a forme lucide e pulite, ma allo stesso tempo contaminate dal vitalismo di matrice organica, vegetale, per cui i monoliti metallici si aprono in ramificazioni ed arborescenze che sembrano fondere la geometria euclidea con la matematica dei frattali.
(R. Barilli)